Nella democrazia di Atene, il diritto di voto era riservato a una parte limitata della popolazione.

Atene, nel periodo di Pericle (495-429 a.C.), si presentava come un fulcro di arte, cultura e filosofia, ma la sua concezione di democrazia era ben diversa da quella attuale. Il termine “democrazia” deriva dalle parole greche démos, che significa “popolo“, e krátos, che si traduce in “potere“, indicando quindi un governo del popolo. Tuttavia, nel V secolo a.C., non tutti i cittadini ateniesi avevano il diritto di voto.

Chi era escluso dalla democrazia ateniese

Il diritto di voto era riservato a un gruppo ristretto di individui: solo gli uomini liberi e adulti, ovvero coloro che avevano completato l’addestramento militare, potevano partecipare attivamente alla vita politica. Erano esclusi gli stranieri residenti, noti come “meteci”, e gli schiavi, compresi quelli liberati, definiti “liberti”. Questa selezione limitava notevolmente la partecipazione politica, creando una democrazia che, pur essendo innovativa per l’epoca, non rappresentava l’intera popolazione.

Particolarmente significativa era la situazione delle donne, che non avevano alcun accesso alla vita politica. Costrette a rimanere nel gineceo, una parte della casa riservata a mogli, bambini e schiave, non godevano di diritti civili e, a differenza delle loro coetanee romane, non potevano possedere beni né fare testamento. Questa condizione le escludeva completamente dalla sfera pubblica e decisionale.

Statistiche sulla partecipazione politica

Dando un’occhiata ai numeri, su una popolazione di circa 300.000 cittadini, solo 30.000 avevano la possibilità di eleggere i membri dell’assemblea, nota come ecclesia. Questo dato, sebbene sembri limitato, rappresentava comunque un numero considerevole per l’epoca, corrispondente a circa il doppio degli abitanti di Corinto, una delle città più grandi dell’epoca.

È interessante notare che, nonostante la restrizione del diritto di voto, tutti i cittadini ateniesi, anche quelli privi di tale diritto, avevano la possibilità di proporre leggi. Queste proposte venivano discusse e, se ritenute valide, approvate dall’ecclesia, permettendo così un certo grado di partecipazione anche a coloro che non potevano votare.

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Loris Gattuso