
Alla fine del XIX secolo, l’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli (1835-1910) pubblicò nel suo trattato La vita sul pianeta Marte (1895) delle osservazioni che avrebbero scatenato un acceso dibattito. Schiaparelli descrisse delle strutture sulla superficie di Marte, definendole come “canali”. Egli scrisse: “Piuttosto che veri canali della forma a noi più familiare, dobbiamo immaginarci depressioni del suolo non molto profonde, estese in direzione rettilinea per migliaia di chilometri, sopra larghezza di 100, 200 chilometri od anche più…“. Secondo il suo parere, questi “canali” avrebbero potuto rappresentare il principale meccanismo attraverso cui l’acqua e, di conseguenza, la vita organica, potessero diffondersi sulla superficie secca del pianeta.
Un malinteso storico
Nonostante le buone intenzioni, Schiaparelli non poteva prevedere che il suo uso del termine “canali” avrebbe innescato un dibattito surreale. Quando le sue osservazioni furono tradotte in inglese, un errore di trasposizione portò alla confusione: il termine “canale” fu tradotto come canal, che in inglese si riferisce a una struttura artificiale, mentre sarebbe stato più appropriato utilizzare channel, indicando un canale naturale. Questo malinteso non solo distorse il significato originale, ma alimentò anche l’immaginazione collettiva riguardo all’esistenza di forme di vita intelligenti su Marte.
Il dibattito intorno ai “canali”
Il dibattito si intensificò, coinvolgendo studiosi e curiosi. Tra i sostenitori dell’idea che i “canali” fossero opere artificiali, spiccò l’astronomo statunitense Percival Lowell, che pubblicò tre opere significative: “Mars” (1895), “Mars and Its Canals” (1906) e “Mars As the Abode of Life” (1908). Lowell argomentava che questi canali fossero grandi opere di ingegneria idraulica create dai marziani per gestire le scarse risorse idriche del pianeta. La sua tesi catturò l’immaginazione di molti, contribuendo a un crescente interesse per la ricerca di vita extraterrestre.
La verità sui “canali”
Tuttavia, la realtà era ben diversa. Le osservazioni di Schiaparelli si rivelarono infondate: sul Pianeta rosso non esistono né channels né canals. I “canali” identificati dall’astronomo italiano erano in realtà delle illusioni ottiche, fenomeni visivi causati da fattori atmosferici e di osservazione. Questo errore di interpretazione ha segnato un capitolo affascinante nella storia dell’astronomia, dimostrando come la curiosità umana possa talvolta condurre a conclusioni errate, ma anche a un rinnovato interesse per l’esplorazione spaziale e la ricerca della vita oltre la Terra.