“Pronto? Qui è il peggior giocatore di scacchi del mondo che desidera parlare con il migliore“. Con questa frase, nel 1972, il segretario di Stato americano Henry Kissinger avviò una telefonata che avrebbe cambiato la storia degli scacchi. Il destinatario era Bobby Fischer, il talentuoso scacchista statunitense, che si apprestava ad affrontare il campione del mondo in carica, il russo Boris Spasskij, durante il campionato mondiale che si teneva a Reykjavik, in Islanda.
La chiamata di Kissinger non era motivata da un semplice interesse per il gioco. Il segretario di Stato era ben consapevole delle implicazioni che una vittoria di Fischer avrebbe potuto avere nel contesto della Guerra Fredda. La sua intenzione era quella di utilizzare il match come un simbolo di sfida tra le due superpotenze, oltre che un’opportunità per rafforzare il morale statunitense.
La competizione tra Fischer e Spasskij non era solo una battaglia tra pezzi bianchi e neri, ma rappresentava una contrapposizione ideologica più ampia. Come affermò Fischer stesso: “Gli scacchi sono la guerra su un tavolo da gioco“. Il suo obiettivo era chiaro: distruggere la forza mentale dell’avversario. Tuttavia, l’inizio del torneo non fu affatto semplice per Fischer. La sua assenza alla cerimonia di apertura, la sconfitta nella prima partita e il rifiuto di giocare la seconda partita evidenziarono le sue difficoltà emotive e psicologiche. Fischer fece richieste insolite, come cambiare le sedie e la scacchiera, e addirittura chiese di giocare in una stanza chiusa al pubblico, bandendo le telecamere.
Alla fine, Fischer decise di continuare a giocare grazie a due motivi determinanti: il raddoppio del premio in palio, che passò da 125 a 250 mila dollari, e la telefonata persuasiva di Kissinger. La sfida si trasformò in un match storico, descritto dallo storico degli scacchi Daniel Johnson come “il supremo capolavoro della guerra fredda“, per il suo purismo astratto e l’incipiente paranoia che permeava l’atmosfera. Fischer, con la sua vittoria, non solo sfidò il dominio russo, ma segnò anche una nuova era per il gioco degli scacchi, che fino ad allora era stato dominato dalla Russia dal 1948, anno in cui Michail Botvinnik divenne campione del mondo.
La vittoria di Fischer fu un evento epocale, in un contesto in cui la Russia aveva sempre detenuto la supremazia. Figure storiche come Karl Marx, Trotzkij e Lenin avevano apprezzato il gioco degli scacchi, considerandolo un mezzo per eliminare le distinzioni di classe e stimolare il ragionamento logico. Negli anni ’20, il motto “Diamo gli scacchi ai lavoratori” portò alla creazione di migliaia di campioni in URSS. Fino agli anni ’60, i migliori giocatori ricevevano stipendi generosi e avevano l’opportunità di viaggiare all’estero per partecipare a tornei internazionali.
Negli Stati Uniti, il secondo dopoguerra vide una serie di sconfitte nel mondo degli scacchi, nonostante il paese avesse accolto numerosi maestri ebrei in fuga dall’Europa. Si stima che almeno la metà dei giocatori di scacchi di spicco del XX secolo fosse di origine ebraica. Le ragioni di questo fenomeno non sono del tutto chiare; alcuni suggeriscono che gli ebrei possano possedere una “mente scacchistica”, un mix di memoria, logica e immaginazione radicato nella loro cultura. Tra i campioni di origine ebraica spiccano nomi illustri come Bobby Fischer, Michail Botvinnik e Garry Kasparov, quest’ultimo divenuto campione del mondo nel 1985 e noto per la sua sfida contro Deep Blue, il supercomputer della IBM, nel 1996.
La Guerra Fredda ha avuto un ruolo cruciale nello sviluppo di programmi al computer per il gioco degli scacchi, frutto degli studi di matematici come Alan Turing e Claude Shannon. Le due superpotenze utilizzarono la teoria dei giochi per simulare conflitti nucleari. Negli anni ’70, la superiorità occidentale nel campo della tecnologia scacchistica emerse chiaramente. Con la conclusione della Guerra Fredda negli anni ’90, i computer divennero così avanzati da poter competere con i grandi maestri, come dimostrò il primo incontro tra Kasparov e Deep Blue, dove il campione uscì vincitore. Tuttavia, nel 1997, in un rematch contro una versione potenziata del computer, il risultato si ribaltò, segnando un momento storico per l’intelligenza artificiale nel mondo degli scacchi.