
Elvira Coda, originaria di Salerno e attiva tra il 1875 e il 1946, si distingue come la prima regista del cinema italiano e tra le pioniere a livello globale. La sua carriera si sviluppò attraverso un centinaio di opere, comprendenti lungometraggi, cortometraggi e documentari, tutti realizzati sotto l’egida della sua casa di produzione, la Film Dora, che in seguito cambiò nome in Dora Film. Questa impresa fu fondata insieme al marito, Nicola Notari, un fotografo di talento.
Da insegnante a regista
Elvira iniziò la sua carriera come insegnante a Napoli. Nel 1902, il suo matrimonio con Nicola Notari, un pittore e fotografo specializzato nella colorazione dei fotogrammi, segnò l’inizio della sua avventura cinematografica. Fu grazie a lui che si avvicinò al mondo del cinema, iniziando a dirigere cortometraggi. La vera svolta arrivò nel 1915, quando insieme al marito fondò una società di produzione, dando il via alla sua carriera come regista di lungometraggi. La sua passione per la narrazione visiva la portò a esplorare temi e storie che riflettevano la realtà sociale del suo tempo.
Cinema di strada e rappresentazione sociale
Nei suoi film, Coda catturava l’essenza della Napoli popolare degli anni Dieci e Venti, ispirandosi a eventi di cronaca nera e alla vita quotidiana. La scelta di attori non professionisti era una delle sue peculiarità; preferiva lavorare con persone comuni, tra cui suo figlio Eduardo, noto come Gennariello, che divenne uno dei primi attori bambini del cinema italiano, apparendo in tutti i suoi film. Questa scelta non solo rendeva le sue opere più autentiche, ma permetteva anche di dare voce a chi viveva ai margini della società, come ragazzini di strada e insegnanti conosciuti durante la sua carriera.
Il sogno americano e la censura fascista
La Film Dora non si limitò a operare in Italia; si espanse anche oltre oceano, stabilendo una sede a New York. I film di Coda riscossero un notevole successo tra gli emigrati di origine italiana, che trovavano nelle sue opere un riflesso della loro vita e delle loro esperienze. Tuttavia, in Italia la situazione era ben diversa. La regista si trovò a fronteggiare la censura fascista, che non tollerava la rappresentazione della miseria italiana sul grande schermo. Le sue opere, caratterizzate da contenuti troppo crudi e realistici, furono quindi escluse dalla distribuzione nel suo paese d’origine. Negli ultimi anni Venti, Coda tentò di adattarsi a uno stile più simile a quello hollywoodiano, ma senza successo. Nel 1930, a causa dell’aumento dei costi di produzione legati all’avvento del cinema sonoro, decise di ritirarsi definitivamente dal settore cinematografico, trasformando la Dora Film in una casa di distribuzione.