Un recente studio ha svelato che l’antenato del batterio responsabile della peste del Trecento era già presente negli animali da allevamento durante l’Età del Bronzo. I ricercatori hanno isolato un’antica versione di Yersinia pestis da un dente di pecora proveniente da un’area dell’attuale Russia, risalente al II millennio a.C., dimostrando così i continui scambi del patogeno tra uomini e animali.
La scoperta di questo batterio rappresenta una delle prime evidenze di infezione batterica in un animale. Essa suggerisce che il patogeno della peste potesse già essere trasmesso dagli animali d’allevamento all’uomo, o viceversa, prima che Yersinia pestis sviluppasse la capacità di passare dai roditori all’uomo tramite le pulci. Le varianti più antiche del batterio, come quella estinta del Tardo Neolitico e dell’Età del Bronzo, erano prive di un gene che consente l’uso delle pulci come vettori, il che rende particolarmente interessante questa scoperta.
Fino ad ora, le prove archeologiche del lignaggio di peste LNBA erano state rinvenute in resti umani del Tardo Neolitico e dell’Età del Bronzo, ma non era chiaro come gli animali potessero essere coinvolti nella trasmissione della malattia. Il nuovo studio, attualmente in pre-pubblicazione su biorXiv, si propone di colmare questa lacuna, fornendo nuove informazioni sulle modalità di diffusione del batterio.
Un team di scienziati dell’Università di Harvard ha analizzato il DNA di scheletri di 12 pecore e 11 mucche rinvenuti nel sito archeologico di Arkaim, un insediamento che un tempo ospitava allevatori. Il batterio della peste è stato identificato in un dente di una pecora risalente a un periodo compreso tra il 1935 e il 1772 a.C. Durante le analisi, i ricercatori hanno confrontato la sequenza genetica di questo batterio con quella di 189 genomi di patogeni della peste, sia antichi che moderni. Hanno notato che il batterio isolato dalla pecora presentava somiglianze significative con quello che infettava gli esseri umani in Europa nello stesso periodo.
La modalità di trasmissione del batterio dalle pecore all’uomo rimane incerta. Gli allevatori potrebbero aver contratto l’infezione attraverso il consumo di carne degli animali o semplicemente vivendo a stretto contatto con loro. Le pecore, a loro volta, potrebbero aver contratto il batterio leccando le carcasse di roditori infetti. Tuttavia, è altrettanto possibile che il contagio avvenisse in direzione opposta.
Ad esempio, gli animali potrebbero essere stati esposti a ceneri di umani cremati, contagiati al momento della morte, oppure avrebbero potuto condividere spazi chiusi con gli esseri umani, un contesto ideale per la diffusione del Y. pestis tra le varie specie. La possibilità che il batterio si diffondesse facilmente in tali ambienti rende l’argomento ancora più affascinante.
Da un punto di vista genetico, l’unica certezza è che né gli esseri umani né le pecore fungessero da serbatoi naturali per il batterio. Questo sembra preferire i roditori, dove può mantenere un ciclo vitale prolungato. Queste scoperte non solo arricchiscono la nostra comprensione delle dinamiche di trasmissione della peste, ma offrono anche spunti per ulteriori ricerche sul comportamento di questo patogeno nel corso della storia.