
La dieta dei Neanderthal, un argomento di grande interesse per gli antropologi, si arricchisce di nuovi dettagli grazie a uno studio presentato durante il meeting annuale dell’American Association of Biological Anthropologists nel 2025. Secondo i ricercatori, i nostri antenati avrebbero incluso nella loro alimentazione anche una fonte proteica piuttosto sorprendente: i cagnotti o bigattini, ovvero le larve delle mosche che si nutrono di carne in decomposizione. Questa scoperta, riportata in un articolo su Science, suggerisce che la percezione dei Neanderthal come ipercarnivori potrebbe essere stata esagerata nel tempo.
Dieta e isotopi: una nuova visione
La ricostruzione della dieta degli Neanderthal si basa sull’analisi degli isotopi presenti nelle ossa e nei denti. Questi isotopi, varianti di elementi chimici, rivelano informazioni preziose sulla nutrizione di questi ominini. In particolare, nei fossili dei Neanderthal sono stati trovati livelli elevati di azoto-15 rispetto all’azoto-14, una chiara indicazione di una dieta ricca di carne. Questo dato ha portato a credere che i Neanderthal consumassero più carne di animali rispetto a predatori noti come leoni e iene, che erano considerati le vere star della catena alimentare.
Tuttavia, questa teoria è stata messa in discussione alla luce di studi archeologici che parlano di “rabbit starvation“, una condizione di malnutrizione causata dall’eccessivo consumo di carni magre e dalla mancanza di altri nutrienti essenziali. Gli esseri umani, come i primati, si sono evoluti per avere una dieta bilanciata, che includesse cibi vegetali. Questo solleva interrogativi su come i Neanderthal potessero sostenere un’alimentazione così ricca di carne senza incorrere in problemi di salute.
La carne in decomposizione come risorsa
Un’ipotesi interessante è stata avanzata dall’archeologo John Speth dell’Università del Michigan, secondo cui la carne in decomposizione potrebbe contenere un livello di azoto superiore rispetto alla carne fresca. Questo potrebbe spiegare le elevate concentrazioni di azoto nelle ossa dei Neanderthal. Potrebbe essere che questi ominini non cacciassero così tanto come si pensava, ma piuttosto approfittassero delle carcasse lasciate da altri animali, un comportamento non raro tra le popolazioni moderne di cacciatori-raccoglitori.
Un esperimento sui cagnotti
Melanie Beasley, antropologa della Purdue University, ha deciso di approfondire questa questione con un esperimento audace. Ha analizzato 389 larve di tre specie di mosche che si nutrono di carne in decomposizione, scoprendo che i livelli di azoto aumentano significativamente con il tempo in cui gli insetti rimangono sui tessuti. Le larve della mosca soldato nera (Hermetia illucens) presentavano addirittura otto volte più azoto rispetto alla carne in decomposizione non infestata, superando anche i livelli di azoto di altri animali comunemente consumati dall’uomo, come i pesci.
Un’importante fonte di nutrienti
Nel contesto della vita dei Neanderthal, la presenza di larve nella carne lasciata all’aperto era praticamente inevitabile. È probabile che questi ominini ne trovassero in abbondanza nel terreno sotto gli animali morti. Le larve rappresentavano quindi un’importante fonte di proteine, facilmente reperibile anche dalle donne Neanderthal. Questo studio si inserisce in una serie di ricerche recenti che hanno ridefinito la comprensione della dieta dei Neanderthal, rivelando un’alimentazione molto più varia e complessa di quanto si fosse a lungo creduto.