Abbiamo individuato la strategia corretta, ma stiamo esplorando alternative.

Un recente studio condotto dal MIT ha rivelato che, nonostante si conosca una strategia efficace per affrontare un compito, sia gli esseri umani che gli uistitì, piccoli primati originari dell’America meridionale, tendono a esplorare nuove opzioni per ottenere risultati migliori. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su Current Biology e offrono spunti interessanti sul comportamento decisionale.

Un comportamento illogico ma funzionale

Questa inclinazione a testare strade alternative, che potrebbe sembrare illogica, si rivela in realtà molto funzionale. Come spiega Mriganka Sur, uno degli autori dello studio, «è simile a quando si prova un nuovo piatto: anche se abbiamo i nostri preferiti, la curiosità ci spinge a cercarne di nuovi, sperando di trovarne uno che ci piaccia ancora di più». Questo approccio potrebbe indicare che esistono metodi più efficaci rispetto a quelli già noti, il che rende l’esplorazione una strategia utile per la scoperta di nuove soluzioni.

Un legame importante per la ricerca sull’autismo

La scoperta che sia gli umani che gli uistitì abbiano mostrato comportamenti simili durante i test è particolarmente rilevante per la ricerca sull’autismo. I primati, grazie alla loro maggiore complessità cognitiva rispetto ai topi, potrebbero rivelarsi strumenti preziosi per studiare le dinamiche di questo disturbo. La capacità di formulare previsioni in base a situazioni precedenti è una caratteristica tipica dei disturbi dello spettro autistico, e questo studio potrebbe offrire nuove prospettive per la comprensione di tali comportamenti.

Il test: un esperimento di reazione

Nel corso dell’esperimento, tre umani e due uistitì sono stati sottoposti a un test in cui dovevano osservare un’immagine su uno schermo e premere un pulsante non appena l’immagine scompariva. La rapidità con cui il pulsante veniva premuto determinava il successo nel compito. Entrambi i gruppi, umani e primati, hanno appreso che un’immagine più a lungo visibile sullo schermo aumentava la probabilità di dover premere il pulsante a breve. Con la pratica, i loro tempi di reazione sono migliorati, mostrando un chiaro schema di apprendimento.

Le sorprese dell’esperimento

Con il proseguire del test, però, i ricercatori hanno notato un fenomeno inaspettato: i risultati dei test precedenti influenzavano il comportamento nei test successivi. In alcuni casi, questo portava a una diminuzione delle prestazioni. Se, ad esempio, in un test l’immagine era rimasta sullo schermo per un breve periodo, i partecipanti tendevano a ridurre il tempo di reazione nel test successivo, aspettandosi una durata simile. Al contrario, se nel test precedente l’immagine era stata visibile a lungo, i partecipanti aumentavano il loro tempo di reazione, prevedendo un’attesa prolungata.

Gli studiosi concludono che «il fatto che il comportamento continui a cambiare anche dopo aver appreso il compito suggerisce che l’esplorazione è una strategia utile per stabilire un modello interno ottimale dell’ambiente». In sostanza, continuare a esplorare anche dopo aver acquisito delle conoscenze può portare a una comprensione più profonda e a una migliore capacità di adattamento a situazioni future.

Published by
Loris Gattuso